Cap. VII — Lo “ Specchio di Umano Transito „ 139 glio. Ma dopo la catastrofe arrivan i figli maggiori. Ecco: essi s’incontrali e abbraccian con la madre e la lacrima sgorga, tenera e dolorosa. La tragedia 6 alla fine: la bella donna compiuta la sua missione, di figlia, di sposa e di madre, infermata, scrive il suo testamento morale, e muore, giovane ancora, perchè la vecchiezza l’avrebbe spogliata del suo decoro, muore, mentre la terra segue il suo giro con in grembo i viventi, e mentre il sole, che ritorna il domani, declina al tramonto. Questa creazione geniale cosi compita e perfetta, questa donna così esplorata negli intimi recessi del cuore, è un tipo di bellezza morale ed è una diva umana da riverire come una madonna. Gli artisti greci modellavano sulle forme venuste di più donne le loro Veneri ideali, anch’esse creazioni perfette e compiute: questo poeta, che perciò solo dovrebbe essere celebre, con disegno di stile antico, dai marmi e dalle tele trasporta l’idea nell’arte letteraria, tenta e vince, con originalità stupenda, una nuova prova* la figura di una donna slanciata ne’ marosi della vita, nel teatro umano, ove ella procede con signorile maestà, corretta negli atti, sobria nei sentimenti, dedicante il suo cuore agli affetti che le suggerisce la rettitudine e governata, come per ispirazione superiore, dal divino spiro, che genera l’armonia del mondo. Il poema di Serafina, incastrato nello Specchio di Umano Transito, è la storia pietosa de’ lacrimevoli amori di Rada-vàne e Paraìle (1). Esso è letto dalla principessa nella notte di Natale, innanzi al focolare ed in presenza delia famiglia dello sposo, aspettante la messa della mezzanotte. Paraìle è la figlia di un prete e Radavàne un nobil guerrier di Giànnina, e s’amano: ma il fato, che pesa inesorabile sui due giovani, colpisce l’un dopo l’altra di morte violenta. Questa storia è una concezione fosca e terrificante (1) Specchio, III, 2.