256 lì Albania e l'opera di G. De Rada colto alcune poche voci albanesi ; nè il Cavalliotis che ha compilato un dizionaretto greco-valacco-albanèse (1770), nè ha consultato il Bogdan (1670) e le pubblicazioni della Propaganda, che, se son di poco valore, non van trascurate, nè ha tenuti presenti tutti i canti popolari, dispersi per le provincie del Napolitano e per la Sicilia, nè quelli raccolti in Grecia dal Rheinold e in Albania daH’Hahn, dall’Hecquard e in Dalmazia dal Jubany, nè tutti i numerosissimi canti moderni e le pubblicazioni diverse che in albanese apparvero in Bukarest, Costantinopoli, Atene, Bruxelles, in Germania, Francia, Austria e Inghilterra. È una messe sterminata, che, per nessuna ragione, nelle questioni linguistiche, bisogna negligere. Noi non osiamo domandare all’autore perchè egli non abbia, come Gustavo Meyer, percorso il mondo albanese, o perchè almeno non siasi procacciato l’opportunità di visitare le colonie albanesi d’Italia e di Sicilia, o non abbia fatto un viaggio nella madre-patria, o molto meno promosso degli scavi sistematici nei più cospicui siti di antiche città epirotiche, illiriche e macedoniche, secondando 1’ opera insigne di Heuzey e Daumet, nè perchè egli non abbia cercato l’occasione di venire a contatto più diretto con gli Albanesi d’ oltre Adriatico. Non gli domandiamo tutto questo, perchè la sua versatile attività s’è diffusa in troppo largo e vario campo e perchè le traversie della vita gli tolsero troppo frequentemente la tranquillità del-l’animo e la serenità dello spirito ; ma possiamo ben domandargli perchè non siasi partito da’ vieti metodi de’ illologanti, che delle ricerche albanesi fecero un’occupazione di mero e passeggiero diletto. Il Malte-Brun è certamente un geografo e un ricercatore valente e meriti non ¡spregevoli hanno il Pouqueville, il Masci, il Camarda, nè del tutto trascurabili, con i loro difetti, sono il Crispi e il Dorsa ; ma, pur troppo, la scienza glottologica non riposa su di essi. Conosce lo Xylander, lo Stier, lo Schuchardt,