Cap. I — Vita 35 Re, il quale aveva mostrato il desiderio di conoscerlo. DaL che gli sopravvenne poi pentimento, perchè Ferdinando II era ritenuto universalmente, egli scrive, uomo al di sopra del mediocre. Ma oramai egli aveva fissato di spezzare i deviamenti, ubbidendo alla sua volontà, che l’avea designato a Campeador della sua nazione. Gli avvenimenti si seguitarono senza posa. In Calabria tra le gole di Campotenese, avvenne uno scontro tra le truppe regie e le bande di Domenico Mauro. Luigi di Borbone, capo della reazione monarchica, covava propositi sanguinari. In casa del marchese Vulcano, ove egli conveniva tra probi realisti, lo esortavano a non abbandonare il campo. Ma le lor parole non ebbero potere nell’animo di luì. Si apriva, come meta sospirata, a’suoi occhi, un luogo solitario, queto, lontano da’rumori mondani, il suo paesello, senza giudice, senza sindaco e senza gendarmi, ove cercò quella tranquillità, che la capitale non gli aveva concesso (1). il Uscito dal pelago della politica militante, scevro dalle cure di un insegnamento privato, arido e sterile, e libero da’ rumori di una città grande, la sua attività si svolse in un ambiente affatto diverso. Macchia, piccolo villaggio, perduto tra le forre della Calabria Citeriore, non solo senza giudice, senza sindaco e senza gendarmi, ma senza comunicazioni col mondo, senza strade, senza poste e telegrafi, senza amministrazione propria, avrebbe avuto potere di ristagnare non pur il suo spirito ma perfino la vita se il De Rada non fosse stato uno di quegli uomini straordinari, (1) Qui finisce l’Autobiologia. Per quel che segue mi som servito di un cenno biografico comparso nella Nazione Albanese per opera di G. C. Bu-gliaki (Nazione Albanese, II, 5, 7, 8), delle opere dell’autore e sopratutto-della mia memoria.