318 lì Albania e l'opera eli G. de Rada La Grecia mascherava 1’ annessione con la confederazione : giammai avrebbe consentito che a lei si fosse messo a fianco l’Albania con pari diritti : essa non la volea uguale, ma ancella. Difatti, il giornale La voce dell' Albania di Coloriòti, che era uscita in Atene con questo programma, fu in breve soffocato. L’unione dell’Albania alla Grecia porrebbe fine alla sua esistenza (1). Nè il Comitato albanese di Corfù, che era un’accolta di manigoldi al servizio dell’Eliade, ebbe presa nell’ animo dei patrioti albanesi di qua e di là dell’Adriatico. Prenlc Gjocca, che era uno dei capi di essa, venne in Italia e al Direttore del Fiàmuri chiese di aiutarlo a raccoglier denari per la causa dell’Albania; al che egli, ingenuo, aderì procurando notevoli soccorsi, che erano destinati all’acquisto di armi per i Malisòri, i quali rifiutavano di cedere Gusslgne, Antivari e Dulcigno al Montenegro. Ma avvertito dell’ inganno che gli tendeva Prenlt Gjocca, quando questo rinnegato albanese tornò in Italia proponendo la confederazione balcanica, che si risolveva, nella mente del De Rada, in una sommissione dell'Albania alla Grecia, ebbe un reciso rifiuto, e ripassato in Albania, cadde nelle mani della polizia turca, che avea sventata la trama, e fu tratto in arresto. Sorte che toccò anche ad Herradin bey, un' altro impenitente emissario della Grecia, il quale, arrestato, per ordine della Porta fu messo a morte. Seguitò più vigorosa che mai la campagna contro le bieche mire della Grecia, di cui additava le subdole arti. La Grecia non aveva alcun diritto sull’ Epiro, che non era stata mai terra ellenica: gli Albanesi erano Pelasghi e la loro lingua affatto diversa dall’ellenica: i Greci dell’Epiro erano importazione straniera. E, pieno di sdegno, accusava il patriarca del Phanar come colui che, giovandosi dell’autorità divina, che egli esercitava da malfattore, (1) Fiàmuri, I, 10, II.