Cap. IX — Caratteri de' poemi 157 a me i piedi si levon da sè e mi fuggono ove stanno sgozzando albanesi (1) E alle parole della madre cadutagli in ginocchio, supplicante di non uscir di casa per correre alla mischia, egli risponde con brutalità selvaggia: “ Non indugiarmi acciocché io non ti pesti per gettarmi ove mi chiaman le voci che m’intronano il petto : pur sulle macerie della terra io passerò, perchè là io esser deggio (2) La ferocia di Bósdare che stermina coll’ incendio di una costa di olivi le orde del pascià Calislip, mezzo bellico distruttivo, cui non pareggiano neppure gli strumenti moderni, ci agghiaccia il sangue. Questi poemi sono una rappresentazione fosca dello stato miserrimo dell’infelice nazione, fatta a brani dalla scimitarra turca. Duole che la rappresentazione della lotta non poggi su un fondo sempre storicamente verace e che la realtà de’ fatti manchi di contorni necessari all’evidenza e di continuità nello spazio e nel tempo. Se il poeta fosse vissuto alcuni millenni fa, nella terra di Canaan sarebbe stato un profeta, nella terra dell’ Eliade un vate: tanta è la fede nella sua prescienza, che a lui viene rivelata per mezzo di sogni, che costituiscono un elemento veramente importante nei suoi poemi e degno dello studio di un psicologo. La sua tela poetica è drappeggiata di sogni, che sono rivelazioni del futuro, rivelazioni reali non intenzionali. Il poeta ha una fede per quanto ingenua per altrettanto immota nella veracità de’ sogni, e naturalmente la comunica ai suoi personaggi. Di essa discorre anche nella sua Autobiologìa, ove dice apertamente quel che copertamente scrive ne’ poemi, che i suoi sogni si avveravano costantemente e infallantemente. Le parole che si leggono nel poema di Serafina a proposito di Radavàne “ nato col destino che, durante la notte, gli (1) ShancC., Ili, ni. (2) Skand., Ili, iii.