380 L’Albania e l'opera di G. De Rada granitica vetta dell’Acrocerauno selvoso, cui, reso sacro dalla fatidica persona, rispetteranno pavide anche le classiche folgori. Sul piedistallo marmoreo si erigerà questa figura di tempra antica, sotto i piè le spezzate catene della patria, nella destra la bandiera d’Albania con l’Aquila bianca dall’ali aperte, nella sinistra i suoi volumi, sulla base l’Albania e l’Italia dal diadema turrito, lui additanti. Quel monumento sarà come segnacolo in vessillo delle fortune d’Albania e come sentinella che custodisce, vigile e fiera, l’ampia scintillante distesa del mare sottostante, mare albanese, mare italiano. E attorno quel bronzo sussurreranno le voci snodantisi in aerea Ala dalle quercie di Dodona; sussurreranno, auguranti il rinnovamento de’fati vetusti, le voci di Pirro e Skanderbeg,. in mezzo al clan-gor delle trombe guerriere e allo strepito dell’armi vit-trici. Egli è figlio d’Albania, ma anche figlio d’Italia, ove nacque e ove nacquero i suoi maggiori. L’Italia .a lui, ormai presso alla tomba, scemi le amarezze inenarrabili ; rivolga generosa gli occhi benigni a quel figlio, a quel grande, che mai chiese nulla per sè, cui anzi non fu dato dal suo governo nemmeno quel che era suo dritto. Non ripeta la storia vergognosa de’ grandi poeti, sempre derisi e affamati, e solo dopo morte soffusi dall’aureola dell’apoteosi, che nulla costa e nulla vale. L’opera sua è opera altamente civile, che fruttificherà anche al nostro paese, ed è opera letteraria, che può aprire, con amabile interesse e vibrante onda di sentimento, un nuovo capitolo della storia del pensiero d’Italia, un capitolo magnifico e solenne.