Cap. X V — I “ Principii d'Estetica „ 219 onde l’opera del Cercantes 6 tanto geniale quanto la commedia di Aristofane e Molière. E già gli antichi non ave-van saputo decidere se la commedia fosse o no un poetico parto. E difatti il metro in essa non è la faccia spirituale delle cose rappresentate, ma un artificio estetico ed un convenzionale abito esterno. Ma nella rappresentazione della parte seria del mondo quello scioglimento d’armonia che ha luogo nel romanzo, indica un’impotenza e degenerazione, la quale può misurarsi quanto sia grande pai’ago-nando i tratti simili di un grande poeta e di un gran romanziere. Nè altra è la cagione che i romanzi siano tanto diffusi, se non il minor bisogno ne’ lettori o quasi nessuno di esaltar l’animo; mentre non si può entrare nella sfera della grande poesia senza provare una quasi interna trasfigurazione del proprio essere. La storia anticamente era tutta occupata degli animi, che, operando vigorosamente, movean le cose, come quella che, intendendo alla gloria e alla felicità d’una nazione, innalzava, per esempio de’ posteri, la virtù e descriveva i vizii di taluni uomini, stati autori di somma ventura o calamità terribili. La narrazione, più che volgersi agl’intelletti, intendeva ad educare gli animi altrui per mezzo degli esempi, nella medesima guisa che operava l’arte de’ poeti. Oggi il concetto della storia è diverso. Essa indaga le azioni degli uomini per colpire, da mezzo gli avvenimenti, le leggi eterne ed invisibili di essi ed in fondo l’Essere che li governa. Gli avvenimenti e gli uomini si mostrano quasi effìmere apparizioni, significanti le leggi che sempre stanno. Tale tendenza della storia concorda con la direzione di tutta l’arte moderna, in cui è andato prevalendo la parte del pensiero che indaga; ma affinchè sia eccellente tale storica conoscenza, essa deve abbracciale così le piccole come le grandi cose, con chiarezza piena ed ampia, nulla potendo cadere inosservato senza che la verità ne patisca. Quindi la storia antica, nel suo campo