Cap. XIX — Fiàmuri Arbèrit 337 questi vincoli e la slealtà e l’inettezza del governo greco dipinsero agli occhi degli Albanesi i Greci con colori sinistri, tra cui non manca la nota della viltà e della codardia, nè quella dell’ interesse e della cupidigia. Già nel 1835 Scutari e i Toski erano insorti, fidenti nel re Ottone ; ma questi, fiacco ed incerto, non si mosse e l’insurrezione falli. Nel 1847 gli Sciàmidi, attratti dalle promesse del governo greco, si sollevano contro la Turchia; ma dinanzi agli eserciti del serraschiere Rechid pascià, abbandonati da’ Greci, dovettero deporre le armi. A un altro tentativo d’ insurrezione della bassa Albania nel 1854 venne pari-menti meno l’aiuto del governo greco. E quando Spiridio-ne Karaiskaki, sulla fine del gennaio dello stesso anno, alla testa di alcuni ferventi partigiani dell’unione grecoalbanese e di un impero ellenico, proclamava dal quartiere generale di Radabizi, nella provincia di Arta, libertà ed indipendenza, la Grecia non mandò che un corpo di volontari sotto il comando di Cormusi, Vice-presidente della Camera de’ Deputati. Ma nè questo esiguo drappello nè la presenza deH’ex-ministro della guerra, Zavella, an-ch’esso albanese, recò alcun frutto alla causa dell’unione, e gl’ insorti anche questa volta dovettero deporre le armi. Disastrosa fu la comparsa di Grigas, greco di Acarnania, che s’impadronì di Metzòvo, seminando da per tutto il terrore e saccheggiando a man salva le case e le chiese. Egli, stretto ai fianchi dagli Skipetàri, dovette ripassare il confine, carico di bottino come un ladrone. Le simpatie ormai s’erano cambiate in avversione, come apparve il 1877 nello sbarco a Santi Quaranta de’ 500 Greci, che, accolti da’ cristiani con diffidenza, furono agevolmente sbarragliati da un battaglione di Ghion Lek, albanese, e nell’ ultima guerra turco-greca, quando all’esercito ellenico, avanzante su Giànnina, gli Albanesi si mostrarono decisamente ostili e Gani bey con pochi battaglioni li obbligò a retrocedere con molte perdite, e rifare la via del loro paese. Marchiano. L'Albania e l'opera di O. De Rada 22