322 L'Albania e l'opera di G. De Rada sfazione e nobile orgoglio, il De Racla annunziava nel suo giornale enfaticamente: “ Cesare Cantù ha accolto nella nuova edizione della sua Storia Universale la nostra lettera, compartendole durata Ma la soddisfazione onesta trovava maggior consentimento nei cuori de’ popoli (1). IX. Le ragioni politiche confortava con documenti etnografici, storici e linguistici. L’Albania è terra dei Pelasghi e gli Albanesi sono i diretti e legittimi discendenti di essi. L’attesta Omero, che pone i Pelasghi nell’Epiro e li chiama divini, e appresso a lui una lunga schiera di scrittori greci Esiodo, Erodoto, Platone, Strabone e numerosissimi altri. (1) Perchè si conosca l’anima rea della Grecia, la quale, anche dopo la lezione che le inflisse la Turchia nell’ultima guerra, principalmente col braccio albanese, séguita vilmente ad insidiare la lingua e la nazionalità albanese, a cui essa deve la sua presente libertà ed indipendenza, riferisco qui il caso veramente incredibile del console greco di Durazzo, narrato dal giornale Le Mouvemenl Macédonten (5 giugno 1902) e riprodotto dai giornali italiani, dove non sai se bollare d’ignominia più la sua fellonia o la sua infamia. Il Comitato albanese di Bukarest, adunque, avea deliberato di far conoscere all’Europa la lingua e la letteratura albanese, promovendo la pubblicazione e la traduzione delle migliori opere. Pertanto avea deciso di stampare il vocabolario di Kostantino Kristophoridis, il quale affidò il manoscritto al Comitato, che già avea aperto trattative con l’autore. Pervenuta la cosa alle orecchie del console greco di Durazzo, questo ribaldo fece venire a sè il figlio di Kristophoridis e due notabili di Elbassan, Sefrosi e Mikael Barberi, proponendo loro di far stampare a sue spese il vocabolario, e offrendo in cambio una somma vistosissima. I tre abboccarono all'amo e consegnarono il manoscritto. Se non che il console, con fede greca, accusò i tre albanesi al Governo ottomano di far parte del comitato rivoluzionario, e la Porta li fece trarre in arresto. Il manoscritto fu spedito ad Atene e probabilmente sarà distrutto. Ma la Grecia con queste arti infami non distruggerà la lingua albanese, e la perdita del vocabolario, su cui Kristophoridis avea lavorato vent’anni raccogliendo quarantamila vocaboli (di esso discorre anche il Dozon, Manuel de la langue chhipe, p. 7, not. 5), per quanto eccellente si fosse, non avrà altra conseguenza che quella d’inacerbire gli odi tra le due razze. Cosi la Grecia si vendica eroicamente di Filippiades e Domokos!