Introduzione 9" nardo da Vinci non “ cerca consolazioni che nelle cose immortali, nella natura e nel pensiero, „ perchè “ la fama sola si leva al cielo e le cose virtudiose sono amiche a Dio Concorda nella vita e nella poesia di dolore, nelle somme linee, con Leopardi, De Musset, Baudelaire, Lenau, Quintal, Heine ed Espronceda : anch’ egli avrebbe, come pretendono gli scienziati negli uomini di genio, l’anastesia del dolore. La stessa oscurità del suo nome, comune a Wagner, Chatterton e Camoens, la versatilità, la costanza del culto alle sue idealità, son tutti documenti dell’anima sua eletta. Anche egli, come Burns fu travagliato da un’ardente brama di essere conosciuto, di divenir famoso nelle terre più lontane. E anche egli ha di comune coi grandi l’orgolio, di cui Lamartine sentenziava che “ è la virtù, l’onore ed il genio, è quel poco di bello, che rimane ancora nella vita, la probità del povero, la grandezza de’ re „ ; ma, insieme con Camoens, Machiavelli, Rousseau, Spinoza, Spencer, Beethowen e Diderot, anche la miseria, che sui grandi pende come un castigo solenne. Per lui, come per tutti i figli della gloria, non vi fu che una felicità, il dovere; non vi fu che una consolazione, il lavoro, non vi fu che un godimento, il bello. La sua volontà, al pari di quella degli uomini di genio, fu inflessibile e non conobbe mai resistenza, e il suo spirito lo attrasse di continuo, con forza incosciente, a compiere il prodigio. Come Gluk, egli componeva all’ aria aperta, o al suono del cembalo, e, come gl’ingegni superiori, la sua psiche era governata da quello che il Cabaneix e il Lombroso chiamano sub-inconsciente, un medium che nei sogni gli suggeriva le creazioni e gli prediceva l’avvenire fatale. Quest’uomo, che ha creato concezioni potenti ; che ha dato la vita spirituale ad un popolo, il quale ora, levatosi terribile, reclama per sè, al cospetto dell’Europa, i dritti delle genti; cha ha divinato i rapporti di parentela tra il moderno albanese e la vetusta lingua pelasga ; che ora vive