CAP. II. L’ “ Odisse „ i. Chi volgesse la sua attenzione alle opere del De Rada, suggestionato dall’aureola che irraggia la fronte al venerando vegliardo, e, secondando l’ansia e l’ardore dell’animo, giungesse a vincere le asperità onde è seminata la lunga via, alla fine della sudata fatica non potrebbe che provare un’incresciosa delusione, e forse il suo giudizio si assommerebbe nel noto epigramma di Marziale: Sunt bona, sunt quaedam mediocria, sunt mala plura. Perchè in questo cammino, mancherebbe ogni attrattiva e allettamento, mancherebbe l’eleganza e la morbidezza dello stile e l'ore rotundo, cose che bastan da sè a ingentilire il pensiero, che sono sì gran parte in ogni scrittura e sì essenziali nelle opere d’arte, le quali spesso non vivono che in esse e per esse. Ma le opere del De Rada sono, vorrei dire, come le gemme, che brillan quando sono sfaccettate e tornite e luccicano nell’ oscurità della notte. Chi mi legge, adunque, non si rincresca se sovente, e fin dalla prima soglia dell’ edilìzio, impressioni sgradite turbano la sua tranquilla serenità e la pienezza d’amore, con cui s’è messo in via, dietro l’illustrazione dell’opera