154 L'Albania e l'opera di Gr. De Rada che e trasformò le credenze del popolo sulla potenza divina in altrettante molle fatalistiche che dominano gli eventi. L’espiazione, la maledizione, la vendetta di Dio, che se tarda pure arriva, sono facce dell’antico fato, che gli somministrano concezioni superbe. Skanderbeg, che prende forza dalla potenza divina (1) ; Paraìle che non ebbe ritegno di legare il suo destino a un miscredente (2) ; Evòda che vede la futura servitù dell’Albania come una maledizione celeste (3) ; Bósdare, cui la vendetta di Dio colpisce del fulmine ; il giovane fratello della madre di Milosào, che pose il suo amore in una musulmana (4), sono creazioni fra le più belle, che si devono a questo sentimento. Anche il concetto dell’ armonia morale, che si andò svolgendo in lui massimamente dagii studi fatti sui Doveri di Cicerone è caratteristica e notabile. Quelli che il filosofo romano chiama onesti sono le forze che reggono la sua vita morale e conseguentemente le sue concezioni. La figura che impronta di sè questa dottrina è, come abbiamo notato, fra tutte le altre, Seraflna Thópia dello Specchio di Umano Transito. Essa riflette l’ideale della virtù e la rigidezza degli onesti, che non s’ammollisce neppure dinanzi ai sentimenti più procellosi, alla passione più ardente, come quella dell’a-more. Chi opera contro questa teoria è irrimissibilmente perduto, come appare da numerosi esempi. La donna che, contro i consigli della madre, va sposa a uno straniero, come Imotòe, è dannata a una morte violenta e senza compianto; e gli uomini che operano a ritroso di questi dettami sono soppressi, come Teodòro di Dagno. Maraviglia come il poeta abbia lasciato impunita la colpa di Alessio Dukagino, che avea ucciso a tradimento Teodòro ; ma- ciò forse si spiega (1) Skanderbeg, IV, ìv. (2) Specchio, III, ri, 2. (3) Specchio, II, vi, 3. (4) Milosào, Xiri.