142 1!Albania e l’opera di G. De Rada vedessi con voi, tornerò per aver riposo. Andiamo ! — E inghiottì il veleno squallente „. Ma, il poeta non è sazio, e passa, sospinto da un genio fosco, sul cadavere della innocente donzella, insensibile agli eiulati del vecchio genitore, alla crudeltà del destino. Egli passa, calpestando gli affetti frementi dell’eroe d’Albania e danna la vergine a perpetua maledizione. La sua ombra appare la notte alle rive del lago di Giànnina, fer -mante sulla nuca il velo che le svolgono i venti e additante con la mano diafana la plaga del cielo ove ardeva una stella. Nel luogo ove ella si trova, dice il poeta, non v’ha bene per lei che la faccia contenta. Ma egli stesso è come atterrito di quello strazio e nella tomba di lei con dinanzi il guerriero, che “ bacia le sue guance ancora intatte, spiranti odore di sangue vergine „, dinanzi al bellissimo corpo “ dalle mani legate in nastro candido, ni-vee e ancor morbide sente un urto nell’anima, che gli spreme il pianto, e l’eco di quell’urto e l’effetto di esso si ripercuote nell’anime belle. Il lampo del tragico genio greco additò lontano al poeta il fato eterno e sublime e gl’irraggiò di luce sinistra lo spirito possente. Questo poema è una serie di storie fosche, che paiona preparate ed animate da un demone maligno. Come Ra-davàne e Paraìle cadono dinanzi a Dio nella colpa perchè ebbero fede, per un momento, nella felicità della vita,, così Bósdare cade al cospetto del credente nel delitto, perchè esercitò la sua vendetta sui Turchi più crudelmente che ad uom si conviene, perchè patì che fosse punita di morte orrenda una madre col fìgliuolino e nella persona di una donna non rispettò le leggi dell’ onore. Questo cavaliere, che nello Skanderbeg ci apparisce bello ed amabile, desìo delle fanciulle patrizie e terror degli stranieri, che in un impeto generoso di sdegno ucccide il superbo musulmano, il quale tentava oltraggiare la bella Olimpia, ed eccita una sommossa notturna in Arta, nella