Cap. XVII — Scritti filologici 251 precedenti pubblicazioni, che cioè i nomi delle divinità pagane si spiegano con questa lingua; e a questo punto cita una serie di esempii, che dovrebbero costituire la prova del suo ragionamento. Chiude la memoria con le affermazioni, alquanto arrischiate, che Alessandro Macedone, Pirro, Diocleziano e Giuliano l’Apostata erano albanesi. Le medesime Idee furono interpolatamente sostenute nel Fiàmuri Arbèrit, ove è notevole, fra gli altri, uno scritto intitolato Pelasglii ed Albanesi (1), una notizia, secondo la quale il Nicolucci afferma non esservi piti dubbio che gli Albanesi siano gli antichi Pelasghi (2), la testimonianza di Stra-bone che brina, vocabolo albanese che significa costa (cfr. Brind-usium), in tracio significava città (3) ; e finalmente il ricordo di Omero che Aiace di Salamina, Achille ed Ettore troiano erano consanguinei. La forza d’attrazione verso l’identità dei Pelasghi con gli Albanesi è cosi irresistibile nell’autore che egli insinua questo pensiero anche ne’poemi, e in alcune note dichiarative di essi. Dinanzi a una parola, che abbia o pare che abbia aspetto pelasgo-albanese, il nostro filologo non ha membro che tenga fermo: l’Albania gli martella la mente assiduamente, gli fa travedere in guisa che, senza rispettare la convenienza e l’opportunità, caccia la quistione anche nell’Estetica. In-somma l’idea della patria lo pervade, lo domina, lo soggioga. li. A questo sentimento nobilissimo, ma pericolosissimo nelle ricerche linguistiche quando non sia temperato dai rigidi metodi scientifici, è dovuta una serie di opinioni, (3) Fiàmuri, II, 5, pp VI, vii, vili. (4) Fiàmuri, II, 11, copertina. (5) Fiàmuri, III, 5, II.