CAP. XVI. Crii Stati rappresentativi. i- Il primo scritto politico-sociale, poco importante in verità, per la questione che vi si tratta, per il modo onde la si tratta e per i limiti assai circoscritti entro cui la questione è contenuta, è la Lettera a G. Starnile ( 1) scritta nel 1865, quando l’Italia s’era già composta ad unità; la quale lettera pare un grido pauroso, che l’autore leva, in vista de’ nuovi comizi generali, i quali doveano rinnovare la Camera elettiva, che, nella mente dell’ autore, avea fatto cosi cattiva prova. Essa è un documento politico, che presenta il Governo d’Italia in una luce sinistra. L’opera del Governo e della Camera, secondo l’autore, era stata, durante i cinque primi anni del regno sorto sulle ruine degli state-relli d’Italia, affatto negativa. Le condizioni miserrime del paese obbligavano il Governo a porre, come base della sua azione, la moralità e a liberarsi dall’influenza della Francia, di cui era mancipia. Le sue piaghe erano numerose. Ma il suo dissidio con il clero, a cui avea confiscato i beni, e col papato, a cui avea strappato le Marche, avea lasciato uno strascico di malessere, che poteasi solo sanare con trattamenti più equi e umani verso il clero. Il Parlamento non intendeva ai bisogni delia nazione ma ai partiti politici che procurava d’ingrassare; avea dimenticato affatto il (1) Lettera di Girolamo De Rada, Cosenza, 1885. Marchianò. L’Albania e l’opera di G. De Rada 15