Cap. IX — Caratteri de' poemi 167 fatta, dicono, da un ostrogoto. Ed anche curioso è il giudizio di una scrittrice di fama europea, Dora D’Istria, nota non solo per la vastità e la varietà del suo sapere, ma per una penetrazione non comune e un raro intuito. Ella attribuisce 1’ oscurità al carattere nazionale delle sue poesie e alla tendenza del genio albanese alla sottilità (1). Come se Nessun bey, che è un poeta nato e vissuto in Albania, si compiacesse di sottigliezze e fosse oscuro, e come se fossero oscure e contenessero giochetti di sottilità le limpide rapsodie e tutti gli altri canti popolari albanesi! Senza dubbio le sottigliezze del pensiero concorrono in qualche parte all’ oscurità di questi poemi, ma nè esse nè il carattere nazionale, di cui sono improntate, sono sufficienti ragioni a spiegarla. Invece le cause son varie e complesse, e nascon tutte dai difetti che abbiamo notati. Manca ne’poemi del De Rada un substrato topografico e storico, e manca la nozione precisa della cronologia, sebbene egli, con metodo nuovo (la data in cima di ogni composizione), abbia spesso cura di renderci conto dell’età in cui si va svolgendo l’azione delle sue storie. Le quali nozioni sarebbero tanto più necessarie in quanto che i suoi poemi si riferiscono a una terra, che, se non è lontana da noi, è alla comune de’ lettori sconosciuta. La qual mancanza è resa più sensibile dalla discontinuità e dall’assenze di ogni unità e organismo delle sue opere. La tendenza del suo ingegno alle divagazioni teosofiche, politiche e filosofiche ingombrano la narrazione e, in generale, la successione del pensiero, e chi legge è da questi ingombri obbligato suo malgrado a fermarsi e a forzare la sua mente ad adattare l’arco della sua mente ad una nuova e diversa serie di pensieri, che, per lor natura, sono più acuti e più astratti e quindi più (1) Stbatigò, Leu. Alb., p, 253; Bugliari, Saggio sulla vita e le opere di a. Ve Rada (dazione Albanese, II, 5, 7, 8).