Cap. Ili — Il * Milosào „ 65 meditativa ed ascetica, esso sarebbe un idillio di lavor perfetto e una concezione paragonabile, per elegante semplicità, agli antichi poeti greci, e, per l’intuito potente della natura e delle sue manifestazioni segrete, ad essi superiore. La preghiera della Vergine con cui si apre il poema, è un inno che ha tanto slancio e nobiltà, tanta fede e candore che vince i salmi biblici. Il primo canto che ci apre innanzi agli occhi la natura magnifica e letiziante, col cielo limpido, il mare azzurro, le spigolatrici che cantano, le uve che semimature nereggiano sui tralci, mentre che a questa festa ingenua della natura risponde il gaudio della madre, che va mormorando tra le stanze il nome del figlio, tornato, dopo lungo tempo, da lontano, è un quadro dipinto come in una tela vasta, iridescente. La scena del primo incontro de’giovani e del loro ritorno per la via rinserrata dai rovi, che l’amante, con le mani punte a sangue, scosta, perchè essi non graffino la fanciulla, la cercherai invano anche negli idilli di Teocrito e Gessner. E nei poeti cercherai anche invano, raccolto in una «volata di lirismo, il sentimento di ebbrezza, che pervade la persona di una vergine, a cui, la prima volta, s’appressa, per invitarla alla danza, il garzone, che forma la voluttà dei suoi sogni e le visioni delle sue notti (1). La natura è espressa con note incisive e forti, fresca, vigorosa, tersissima, con contorni semplici, brevi, precisi, e il reale balza come da scalpello sicuro, che disegna linee perfette. Le manifestazioni di essa, che a tutti paiono ordinarie, perchè a tutti comuni e visibili, si distendono come sopra una tela con colori vivi ma sobri, ci colpiscono di grata meraviglia, e, sorpresi, interroghiamo noi stessi come mai noi, che pur sempre abbiam visto ed udito le medesime cose, non ne abbiamo parimenti intraveduto la o; Ma., vii. Marchianó. V Albania e l'opera di G. De Rada 5