Cap. I — Vita 31 gli altri, il caso di un suo compagno di collegio, Angelo Basile, giovine prete albanese, ricco d’ingegno e di ardimenti, che nella dimostrazione del 27 gennaio, con gran codazzo di turba plaudente, scorrazzando le vie di Napoli,, aveva ucciso di spavento Don Placido Beccher, prete di vita eccentrica (a cui diceasi che si confessasse la regina madre), mentre dormiva in un covile al quartiere di Porto. Il Basile, abbrancandolo per la gola, gli aveva imposto di giurare la costituzione, ma e’ non ebbe flato per farlo, perchè lo spavento l’uccise. Allora disegnò di pubblicare per conto proprio un giornale politico e mise subito l’idea ad effetto. Cosi comparve L'Albanese d'Italia, redatto da lui e dal suo amico Nicola Castagna, abruzzese, che teneva seco a dozzina Silvio Spaventa, allora studente. Il giornale visse vita povera e magra, letto appena in Calabria e quasi ignorato affatto nella capitale. Dopo la caduta di Del Carretto era entrato nel nuovo ministero Aurelio Saliceti, che, facendosi sostegno de’ liberali, tendeva a un ordine di idee costituzionali più largo e democratico. Perciò, riuscendo mal gradito al Re, s’era dimesso. La costituzione pericolava; difficoltà insormontabili impedivano la ricomposizione del Ministero. Il De Rada, invitato dalla poetessa Giuseppina Guacci, che temeva tanta iattura, si recò dal generale Gabriele Pepe, deputato al Parlamento nel 1820, dipoi esulato a Firenze, ove avea sostenuto l’onore d’Italia in un duello con De Lamartine. Rientrato a Napoli dopo la costituzione, era stato creato generale della Guardia Nazionale. Gli propose di recarsi dal Re e accettare la composizione del Ministero; ma il generale rifiutò, perchè, diceva, non era stato chiamato dal Re. Gli offerse di farlo ricordare al Re dal maresciallo Lecca, albanese, e comandante del reggimento Reai Macedone, molto gradito a Corte. Ma dal maresciallo seppe che il Re non lo soleva più chiamare a Corte; e fu riman-