GO L'Albania e l'opera dì G. De Rada mato sono assai cattivi ; la scorrettezza grande, cose tutte che, mentre sopprimono ogni estetica esteriore e offuscano la traduzione e il testo, rendono il libro punto amabile ed attraente. n. Il Milosào canta gli amori del figlio del Despota di Solitari con la figliuola di Cologrèa, contadinella della città. Il giovine incontra la fanciulla presso una fontana e l’uno sente dell’altro tacito piacere. Mentre il principe va a diporto, fuori l’abitato, la giovinetta, passando con sue compagne, gli canta con voce squillante, come è costume albanese, una canzone. La mattina seguente il giovine si reca alla casa di lei e la ragazza gli dona due limoni dolci. Viene la Pasqua con il raccoglimento a Dio; viene la primavera coi verdi grani e col canto dell’uccello di estate, che, passando sulle gemme degli alberi, saluta il mezzodì. Per l’aere sereno echeggia la voce limpida della giovine e delle compagne, a cui risponde Milosào con versi esuberanti di passione, e poi di nuovo l’amata, palpitante di affetto innocente. La giovinetta nutre il suo amore nell’ampiezza libera e refrigerante de’ campi, e il giovine, mentre per un momento medita sulle sorti che aspettano l’Albania, vola col suo pensiero al luogo, ove la sua donna si spassa alla danza, o corre con la mente al giorno che egli, unitosi a lei, stempererassi di felice piacere, o anela i vagheggiati colloqui notturni o si finge il suo breve passato, ove vede il suo incontro con lei, il giuoco dell’anello, le sue malinconie. Il giovane parte e quando poi torna da un paese lontano, sente cantarsi dalla vaia (1) gli augurii e la storia pie- fi) Danza nazionale, con cui nelle maggiori solennità pubbliche e privai» gli Albanesi, cantando in coro, celebrano i lieti fasti della città.