Cap. XI — Versificazione 187 versificazione italiana. Forse ciò dipende dal fatto che quelle Rapsodie sono molto moderne o che, antiche, furono elaborate, come crede lo stesso raccoglitore (1), o rimaneggiate con intenti filologici e metrici. Per esempio, l’accento stabile dell’ottonario sulla settima nella metrica italiana, che non dovrebbe subir mutamenti, nell’albanese ora è spostato in avanti, ora in indietro, e lo stesso va detto del settenario, che, se ha nelle prime sillabe la varietà del-l’italiano, nella penultima non ha la stabilità di esso. Pertanto questi versi procedono saltuariamente, or con ritmo abbastanza armonioso, ora con cascaggini, sbalzi e fughe precipitose e ingrate. Ma conseguono il vantaggio di evitare l’uniformità e la monotonia, che in una serie di versi assai lunga, come succede nei non brevi canti del De Rada, genererebbero stanchezza e fastidio. Oltre questi versi il poeta usa anche l’endecasillabo ma ciò accade solo ne’ versi. Anche il verso ha delle varietà. L’accento sulla decima è, in generale, stabile, ma gli altri tre (poiché il verso ha, costantemente, quattro accenti), mutano qualche volta di posto. Il tipo più in uso è quello che ha l’accento sulla 2.a, 4.a e 6.a; meno frequente quello che accentua, in luogo della 6.a, la 7.a o l’8.a. Queste varietà dipendono in gran parte dalle lunghe doppie, che ora valgono, come nell’ottonario e nel settenario, per due sillabe, ed ora per una. Questi distici sono i più armoniosi tra i metri del poeta, ma in una lunga serie genererebbero uniformità e monotonia e nella poesia narrativa un vero sdilinguimento. S’incontrano in numero limitatissimo anche dodecasillabi, aggruppati in piccoli periodi ritmici di due versi, con accenti sulla 3.a. 7.a, 9.a, 11.*. Questi versi non hanno dissonanze vocaliche, ma una certa solennità epica, e perciò, se fossero disciplinati, potrebbero assai bene adattarsi alla poesia narrativa. (l) Schirò, Rapsodie Albanesi, pref., p. XI.