Cap. XXII— 0. De Rada e il risorg. dell'Alb. 363 mensi e di gioie purissime. Nel Congresso dì Roma fu eliminata, principalmente per l’opposizione de’ tedeschi, qualsiasi atto che implicasse un’azione politica, ma pur venne innanzi ai pensatori della dotta Europa il messaggio della questione albanese, che rannuvolò le loro fronti pensose dinanzi la silenziosa visione d’un popolo valoroso, il quale freme e si dibatte invano tra le ferree strette di una mano tiranna. Questo movimento albanese vasto e febbrile, che baldo e fidente si svolge, s’allarga, si propaga e s’insinua da per tutto, che si rannoda e collega con la questione più ardente del secolo, la balcanica, che s'intreccia col movimento politico di tutt’Europa, è stato creato, in gran parte, dal De Rada. I suoi studi albanesi datano dal 1834, quando cioè l’esistenza di un’Albania era un mito, e tra-luceva appena qual raggio di sole da nuvoli folti nelle menti degli scarsi viaggiatori della penisola balcanica, de’ missionari della chiesa cattolica, di un qualche solitario poeta e de’ profughi vegliardi delle colonie d’Italia. Quest’albanese, allora ventenne, soffusa l’anima dalle melodie dei canti popolari, rapita la mente in memorie lontane, fe’ leva del suo ideale, e urtò la terx-a albanese, che emerse dalle tenebre folte. Dietro i suoi libri sfilarono, in lunga riga, i figli della scienza, che, lieti, fissarono lo sguardo acuto su quella terra, su quel popolo, su la sua lingua, su la sua storia. Bopp fermò l’attenzione dei dotti su quel longevo linguaggio, Hahn ne sceverò le fibrille, Fallmerayer ricercò la sua vita nelle obliate storie bizantine, Camarda, Benloew, Miklosich, Meyer ed altri cento esplorarono, al lume della scienza, le vicende del suo linguaggio. Dora d’Istria, con eleganza signorile e cuore albanese, ricercò ne’ polverosi archivi veneti le sante memorie, mentre le armonie del De Rada pioveano conforti su que’ pazienti cultori delle patrie istorie e risonavano per il cielo d’Europa risvegliando le genti. Se a qualcuno venisse vaghezza