342 VAlbania e l'opera di G. De Rada vitalità; aggiungeva che le scuole straniere in Albania avevano ingenerato l’errore che l’Epiro e la Macedonia non fpssero albanesi; che era necessario lavorare in prò della lingua e delle scuole nazionali, e che egli, nipote del gran Kastriota, si univa a loro per cooperare alla salute della patria CNaz. Alb., VI, 2, 3). Girolamo De Rada concordava con lui nelle idee di questo proclama (Vedi ivi stesso), e in una lettera (Naz. Alb., VI, 7, 4), esortava tutti a fermarsi al grido del Principe « Fuori gli stranieri! » Ma questo grido deve escludersi per l’Italia, che non insidia all’Albania e che è il solo Stato che in essa faccia una politica d’equilibrio e di onesta e saggia previdenza (purché il Montenegro non l’attragga nelle sue dolci spire). Ora i patrioti albanesi intendono a costituire delle leghe in tutte le colonie, dalle quali si eleggerebbero i Rappresentanti, che costituirebbero un vasto Comitato Centrale, presieduto dal Principe D’Ala-dro Kastriota. Questo Gomitato dirigerebbe il movimento politico albanese, che avrebbe per programma l’indipendenza dell’Albania. Dovunque sieno Albanesi, i cui cuori battono per le sacre idealità della vita, guardino a lui, lui aiutino col braccio e con la parola, lui seguano, in salda e compatta falange, concordi e fidenti. Quanto entusiasmo abbia destato negli Albanesi d’oltre Adriatico il convegno, che il principe D’Aladro Kastriota ebbe in Corfù, alcuni mesi or sono, con i capi Albanesi, lo prova il seguente Memorandum-ultimatum (per ragioni tipografiche e di opportunità riproduciamo solamente la traduzione italiana), indirizzato al Sultano : IN NOME DEL POPOLO ALBANESE Il Comitato di tutti i capi Albanesi, maomettani, cattolici, ortodossi, non che di tutte le Società, Leghe e Comitati esistenti in Albania e all’estero, in seguito agli accordi presi nelle ultime riunioni, SUPPLICA LA MAESTÀ DEL SULTANO IIAMID KAN II IMPERATORE E KALIFFO Maestà ! Degnatevi di ascoltare la parola nostra, perchè è parola onorata e fedele, come si conviene alla parola albanese. La condizione nostra è la più triste delle condizioni. — Il Congresso di Berlino, malgrado le opposizioni della Maestà Vostra, ha fatto ogni possibile per darci mani e piedi legati in balia dei Greci e degli Slavi. Nei Parlamenti d’Europa si discorre di noi come di un popolo africano da essere conquistato. I governi delle grandi Potenze prendono vicendevoli accordi per la partizione delle terre nostre. L’insulto e l’oltraggio ogni giorno più si accrescono sul nome albanese. — Noi siamo obliati da tutti, ma noi abbiamo da parte nostra il diritto e la forza e sapremo avvalercene a tempo opportuno.