164 L'Albania e l’opera di G. De Rada e muove. Nessuno vorrà credere che vi è spiegata tutta la vasta tela dell’umanità, ma molti s’accorderanno meco, leggendo, che vi sono scolpite molte facce di essa. Quando si pensi all’abbondanza di Dante, che diede fondo a lutto l'universo, alle sue concezioni molteplici e complesse, che sono come rassegne e rilievi viventi delle varie manifestazioni della vita ; quando si pensi a Shakespeare, che non si stanca mai d’interrogare i moti segreti della psiche umana, che muovono il mondo e che rispondono sempre obbedienti e veraci alle sue compulsioni, la vita espressa in questi poemi certamente ci parrà, com’è, circoscritta in limiti relativamente angusti, ma per questo lato non è nè uniforme nè monocorde. Solo a me pare che questa poesia, troppo aristocraticai si distacchi dal popolo e dalla sua sapienza pratica, che esso ha fermato nelle cosiddette massime, che usa con spontanea eleganza e sobria opportunità ne’ suoi discorsi e nei suoi scritti e che sono, come si sa, la sua filosofia spicciola, la quale negli animi produce effetti estetici gradevoli. I grandi sono ricchissimi di sapienti sentenze, di cui molte sono passate anche in proverbi; e per l’adattamento di esse, tra i moderni, insuperabili Dante e Shakespeare. È poesia troppo meditativa e troppo riflessa, che spesso supera le comuni intelligenze e più spesso divaga negli inaccessibili campi della metafisica. Mi pare anche che le rappresentazioni della vita non siano per così dire nè meditate nè digerite ma istantanee, scaturienti da un’anima ardente, che intuisce con celere percezione il significato recondito e profondo delle visioni e l’esprime con vena calda e sgorgante dagl’intimi precordi come una pittura assai colorita e viva: sono pennellate alla Rembrandt. A pochi più di lui conviene l’orazione utpictura piiesis. Ma dal non aver digerito le sue concezioni nasce la incompostezza e la disgregazione de’ suoi poemi e la mancanza di un disegno prestabilito e di una costruzione preor-