Cap. IV — “ Serafina „ 73 poema di una donna, da lei medesima composto e dal vero autore volto in italiano. Il poeta, rapito nel preconcetto che i canti popolari albanesi fossero frammenti di un poema, pare che voglia foggiare i suoi canti su quelli, e nei brevi schiarimenti, che chiudono il volumetto, dice che in codesti canti Seraflna “ non pensò di formare un quadro sapiente e costituito da un fatto unico, come avea fatto Omero, ma, elevando il canto popolare, in cui la narrazione, l’ispirazione e la rappresentazione si trovano congiunte, lo dispiegò per affigurare gli aspetti diversi di un’azione compiutasi d’intorno a lei „ (1). Senonchè il poemetto non è un quadro nè una serie di quadri e meno che mai ha rapporti di sorta con la tela vasta e complessa d’Omero, narrativa èd epica, o è la rappresentazione degli eventi che si svolsero attorno la principessa. Il poemetto, pubblicato nel 1843, sette anni dopo il Milosào, mostra chiara e distinta la nuova direzione, iniziale nel Milosào, che l’autore diede alla sua produzione poetica: direzione che mostra una tendenza irresistibile al disgregamento e alla meditazione, all’ allontanamento dalla semplicità e dalla naturalezza, al trasporto per le sottigliezze e per l’osservazione eccessiva, alla tenebrosità veramente insoffribile. Anche in questo libro è una pagina della storia intima del poeta. In esso egli depose i vari affetti della donna, che era, come egli si esprime, luce de’ suoi giorni e latte delle sue notti. Allo stile nudo del Milosào, ricco d’immagini freschissime, subentrava, egli dice, nella Serafina sovrabbondanza d’immagini e di pensieri, che affogava azioni ed agenti. In fondo ad essa si moveva un desiderio languente e traspariva la moda della poesia francese di quel tempo e forse fu cagione il fatto che l’accompagnava, nel comporre, l’eco del pianoforte. Queste tendenze perseverano nel successivo poema delle Quattro (1) Aulob., Per. II, 18.