Cap. I — Vita 21 che non fosse sacra. Gli uffizi divini, la confessione, la comunione, perfino le prediche erano il suo pascolo, e, divenuto fervente cristiano e cattolico, trasmise questo fervore nell’animo dei suoi compagni. Gli effetti non si fecero aspettare : i suoi piccoli compagni eran divenuti santi, ed egli, pieno di salda fede, quando non era preparato alla lezione, pregava la Madonna che gli concedesse la grazia di non farlo conferire, nel che era sempre esaudito. Uno de’ suoi compagni, essendo morto, apparve in sogno alla propria madre, pregandola di recarsi a lui e ringraziarlo, perchè per l’opera sua egli era asceso in cielo. Breve : egli espresse al padre il desiderio di entrare in un chiostro, nel che non fu contentato. Legossi in amicizia tenerissima con un compagno di collegio, Raffaele Zagarese, e questo affetto più tardi ritrasse in una delle sue concezioni poetiche, 1 ' Adine. E ritornò alle opere profane, tra cui l’attraevano soprammodo Sofocle ed Euripide, che spesso bagnava di pianto ; 1’ Orlando Furioso, che leggeva con grande curiosità ; la Corinna di Stael, gli Uffici, V Amicizia di Cicerone e la Vita dell’oratore scritta dal Middleton. Intanto s’adoprava a formarsi lo stile sul Petrarca, di cui la lingua gli pareva incantevole. Tutti i compagni, che lo sapevano avido di letture, gli offrivano libri. Imparò a memoria molti luoghi del Tasso, dell’Ariosto, dell’ Iliade tradotta dal Monti, del Metastasio, del Foscolo e un libro della Georgica. A diciot-t’anni lesse l’Alfieri e il Byron, il quale ultimo lo colpi * per la novità e sublimità delle immagini „ ma gli parve seguace della scuola di Lucano, che non sa dalle azioni e dai detti trarre vivi i sembianti ma si sforza comporli descrivendo e accumulando rilievi su rilievi. In quell’anno (1832), compose l’Odisse, poemetto interza rima, che trattava un argomento albanese. Con l’ingegno poetico andava nel giovine autore di conserva l’ingegno matematico, e nella sua Autobiologia ricorda con soddisfa-