Cap. Vili — “ Lo Specchio di Umano Transito „ 147 hi. Le liriche di questo poema in parte ci son note, perchè, come già ho avvertito, sono trasportate dallo Skan-derbeg: nuovi son due canti, quello delle Zadrimiole, che salutano la sposa di Dukagino, che arriva alla Zadrlma (1), e il canto di Seraflna alla culla del suo neonato (2). Si può « Il suo cavaliere aveva tardato, ma dopo che vendè il bottino, che avea avuto in sorte, comperatile gli abiti nuziali del valore di novemila ducati, tornava. Lungo la via posò la notte in un albergo. Nato col destino che, durante la notte gli apparissero le cose che i dì avvenire chiudeano in seno, sognò un sogno funesto. Pareagli che in una pendice che gli appar-tenea, udiva con le orecchie dell’anima un grido « Radavàne! », e che di là del (lume un lupo di vasto corpo avventavasi contro la donzella amata, la quale, gridando, lui chiamava a soccorso. Il giovane non aveva moschetto, non avea dardo, e di qua del fiume lanciò un grido tremendo, al quale fuggì la belva nel sottostante burrone: ristette colei dov’era, seduta, tacita. Ei si destò esterrefatto e con quel grido all’orecchio, che dovea risonargli perenne, montò a cavallo e si mise in via. La mattina d’un giorno a’ suoi occhi si distese Giànnina e sulla strada due asinelli carchi di sacca si scontrarono in lui : dietro ad essi seguìa una donna della città con una verga in mano. « — Benvenuto, nobile signore, ella disse, ma non per la sventurata Pa-raìle, che si uccise e cui quella chiesa lassù (dappoiché ella s’ è confessata), ora rinchiude. « Die’ un balzo il cavallo e per poco non ebbe calpestata e pesta la donna. Il cavaliere svoltollo verso la chiesa di Santa Perpetua, tuttora chiusa. In mezzo ad essa trovò il coperchio del sepolcro, attorno attorno impiastricciato di calce nuova : sul sasso era scolpita la fava frondosa (io stemma gentilizio), strappò la pietra dall’avello, e attraverso le lacrime che gli fluivano dagli occhi, vide lei, in mezzo ai corpi disfatti. Discese dentro, dov’ella, con le mani legate da nastro candido, non parlava, rapita a un altro mondo, morbida la mano, nivee le gote, che ancor non conosciute baciolle, odoranti quasi di sangue vergine, che la vita nelle membra di giovane e donzella effonde puro e assai diverso e più soave dell’odore, che esalano erbe e fiori, ad essi compagni nel soggiorno della terra; e ne fu ebbro. Disse: — Sorella, tu ancora sei 1 — « E le si pose in ginocchio, innanzi, rapito nell’ idea di lei, mentre gli occhi pioveano lacrime. Di lì solo il suono della messa lo riscosse. E uscì e chiuse il sepolcro (Lilk Ili, Stor. II, vii). (1) Specchio, III, p. 78. (2) Specchio, IV, p. 110.