Cap. VI — Lo “ Shanderbeg „ 107 in casa, e che gli attraversava la via, dice: “ Lévati dinanzi, acciocché io non ti calpesti: ecco, i piedi mi si alzano e corrono dove stanno sgozzando Albanesi (1) „ Figura tutta nuova, cupa, tetra, incancellabile, fremente di virtù vera e gagliarda, cui colorisce la morte del pascià di Arta, avvenuta per le sue mani, il tentativo dell’assassinio del figlio del Sultano e la sua morte istessa, avvenuta in carcere, per assideramento (2). Figure maschili, secondarie, sono Bósdare e Gibraltàre. Ma il primo viene delineato più spiccatamente nel poema di Serafina e però lì toccheremo di lui. Gibraltàre è il signore di uomini, principe Osmanlo, che viene dAsia, in soccorso de’ suoi connazionali, e nella battaglia di Scùtari, feroce e terribile, uccide il doge veneziano Moroso, ma non osa affrontare Radavàne. Il carattere suo è d’uomo fiero e che ripone Nella spada sua fede e sua ragione, brutale, per modo da ordinare la morte del principe de’ Mirditti, freddamente, senza ragione, e colpire di un pugno la sorella Vantisàna, che gli aveva rimproverato la sua ferocia (3). Tutte le figure albanesi hanno fisonomía propria, solo in ciò s’incontrano, nella tetraggine del loro aspetto, nella durezza del loro cuore, impietrito forse dal cordoglio della patria caduta e vilipesa. Più ricca di figure è la galleria muliebre e più vivaci, varii e distinti i colori della tavolozza del poeta. Il quale fa questa impressione gradevole e nuova: un pittore connaturato a dipingere le belle e aristocratiche signore. Con mano fina e signorile egli pennelleggia le loro forme e con animo immortale ritrae sulla tela sentimenti e palpiti, o effigia, incidendo come in marmo con scalpello sicuro e con genio ispirato, i moti del cuore. La tela, le pitture e le sue (1) Shanderbeg, II, 3. (2) Shanderbeg III, 7, (3) Shanderbeg, I, 1 ; II, 4; III, 1.