208 L'Albania e l'opera di G. De Bada nè la voce debole e lieve di pochi scrittori illustri, nè l’a-pologia inascoltata e vana degli scrittorelli la rompono), dubitai meco stesso della giustezza del mio giudizio, e, in qualche momento, anche del mio senso letterario e perfino del mio senso comune. Ma contro questo scetticismo permaneva pur solenne il consentimento nell’ ammirazione di quanti uomini preclari aveano fermato o potuto fermare il loro sguardo fugace su questi poemi. Tuttavia una critica larga e illuminata, quale si aspetterebbe per opere di merito incontestabile, la si cerca invano (1). Il Lamartine, pago di una frase pomposa, che, ne’ rapporti di essa coi poemi albanesi, non ha neppure preciso significato, non si pronunzia nettamente; Victor Hugo circoscrive il suo pensiero nel carattere di romanticismo che presenta il Milosào; il Mistral è un entusiasta elegante, che non riesce ad indurre nell’animo di tutti il suo entusiasmo, e il Samogiy, che, per altro, manca di vera e riconosciuta autorità letteraria, è più ammirante che convincente. Nè il Malpica, chiaro poeta estemporaneo della prima metà del passato secolo, il cui sentimento su questi poemi ci viene attestato solo dall’ Autobiologia, esce fuori dell’ indiscusso generale consenso, che questi poemi non sieno che quadri perfetti della vita e non poesia, e che nulla presentino delle classiche creazioni e composizioni antiche (2). (1) Quando si pensi ohe la Francesca da Rimini del D’Annunzio ha, per rispetto alla concezione, un merito molto mediocre, e che il suo momento di celebrità è dovuto, in gran parte, alla tornitura della composizione e alle smascolinature dello stile, non si saprebbe spiegare interamente e soddisfacentemente il fenomeno dello strepito, che su essa sì è fatto e si seguiterà ancora a fare per un altro po’ di tempo, in Italia e fuori, se non si ricorresse all' idea che quella dello scrittore e anche del poeta non è più un’arie, ma un’industria, che, meno casi isolati, si risolve in un ingrassamento degli editori e de' librai e in un pervertimento morale, che ormai occupa e sinistramente turba gti animi delle nazioni. (2) Autob., Per. II, p. 6.