Cap. XV — I “ Principit d'Estetica „ 223 HI. Questa, nelle somme linee, la sua teoria del bello, che completa con osservazioni sull 'ideale, su lì'affetto e sull’ a-more, e che ha fondamento sul buono. Come Schiller, anche il De Rada, dopo di aver composto dei poemi, volle edificare un sistema estetico, che, se non è una rivelazione, ha dell’ originale. Ma mentre Schiller in una serie di opere incarnava con mirabile intuito le sue teorie del bello, che riponeva nella natura solamente e scompagnava, come Kant, dal buono, dichiarando candidamente che per questo altro non ci colpisce nel principe d’uomini, che abbiamo avanti, fuorché l’amore della patria, la rettitudine austera e l’augusto sentimento della divinità. Viene poi a conoscer che il grande reo è lo stesso Edipo che, senza saperlo, ha ucciso suo padre e s’è congiunto a sua madre e n'ebbe dei figli; e il vediamo allora che, in preda al suo delitto, spegnendosi gli occhi, si finisce la luce della vita. La moglie Giocasta, come lui colpevole e come lui inconscia, s’è ricoverata già in seno alla morte. Abbandonando dunque il suo palagio, ei con le due figlie orfane, solette e in tenera età, esce ed erra povero per la terra. Di sè nulla più gii duole, ma per quelle misere, colpite donde non sanno, ha di tali lai, che sforzano al pianto qualsiasi uomo che si fermi ad udirle. « E noi qui di nuovo siamo presi dal suo santo timore per la colpa, dall’austera verecondia di Giocasta, e, ripieni con Edipo della profonda pietà per le giovinette, involte nella disgrazia fatale, piangiamo inconsolabilmente. « Con amore lo rivediamo poscia a Colono. L’ infortunio l'ha già mondo del terrestre limo. Il sentimento di aver dato a’destini una soddisfazione più grande della sua colpa l’ha riconciliato con se stesso e raccostato ai ginocchi dell’umanità. Così più nulla lo sommuove: la natura anche, che il circonda è piena della pace e giocondità primaverile. Le figlie, semplici e senza rimpianti, gli mitigano l’esilio e la povertà, ed hanno dell’alito di lui conservato l’onore e l’innocenza. Fino a che giunge la morte a dargli la quiete fra i trapassati e per quell’ ora i numi gli hanno serbato un onore quale a nessun mortale: la fortuna terrena delle genti è legata al possedimento della sua tomba come a quella di un dio. « La bellezza delle persone di queste storie è dunque nell’ innoncenza, nella rettitudine, nelle affezioni pure, che sembrano intatte attraverso i mali della vita, e poi nella benedizione, che dal ciel piove su quelle virtù* non dome » (p. 15-17).