174 L'Albania e l'opera di G. De Rada E provano che non è affatto una miscela di vari linguaggi balcanici e greco-latini incastrati, con ricca prevalenza slava, su un esile tronco antico, che va esinanendosi e.ina-ridendo. Poiché dell’influenza turca (persiana, araba), e bulgara nella lingua del De Rada non s’incontrano notevoli tracce, come quella che deriva dal ceppo antico, importata in Italia prima che imbarbarisse al contatto dei Turchi e de’ Bulgari, e gli scarsi elementi slavi, dovuti, al dominio de’ Serbi su essi nel Medio-Evo, sono un fenomeno comune a tutti i linguaggi. Quanto alla presenza poi, assai larga in verità, degli elementi greco-latini, egli ancora è da dimostrare che sieno tutti infiltrazioni e sovrapposizioni, e non piuttosto un patrimonio indigeno comune a tutte le lingue del ceppo ariano e costituente, insieme agli elementi finora etimologicamente irriducibili a questo ceppo, il substrato primitivo dell’idioma. Le opinioni del Mi-klosich, dello Schuchard e del Meyer, che, dopo una dissezione di essa, eseguita segnatamente sul dialetto ghe-go, sentenziarono che la lingua albanese è un variopinto musaico, in cui l’antico illirico ha una parte tutt’altro che prevalente, hanno un valore molto limitato. Sarebbe lo stesso che concludere, dalla prevalenza del francese sul dialetto della Savoia e dell’alto Piemonte, che la lingua italiana è, per esempio, per due terzi francese. ni. Il materiale lessicale in questi poemi è straordinario e non può non riempire di meraviglia chi ignora le cause di questa felice esuberanza. Un albanese d’Italia e d’Albania incontra una copia veramente inestimabile di vocaboli, che egli spesso non ha mai uditi e letti e che pur tuttavia sono di schietto stampo albanese. Questa ricchezza procede, secondo che io m’avviso, anzitutto da ciò che lo scrittore, per circostanze sue particolari, ebbe contatti con gli Albanesi del versante tirrenico, che sono,