Gap. X — Lingua 177 za e profondità del pensiero e all’ osservazione precisa e nuova della natura e de’ suoi fenomeni. Nulla trovava nella povera lingua dei suoi predecessori, che lo incoraggiasse a slanciarsi in un agone, ove la lingua più varia e flessibile, più ricca ed elastica avrebbe fallito. Gli mancava la lingua letteraria con le sue volute, con le sue frasi fisse, con la vigoria delle sue figure, con l’esuberanza delle sue sinonimie, con l’opportunità de’ suol doppióni, con la volubilità delle voci astratte, con la prontezza de’ costrutti, la stabilità delle forme, la grazia degl’ idiotismi, l’eleganza di collocamenti, la maestrìa dello stile : gli mancava insomma qualsiasi modello. Leggendo alcuni de’ suoi canti e tutte le sue canzoni, dove c’è tanta finezza ed ardimento di stile, tanta acutezza di pensieri, tanto vigore di concezione, s’immagina che essi siano stati composti in una lingua non solo deliziosa e ricca ma anche matura, che vinca le più colte e sintetiche favelle d’Europa. Sì, è proprio così ; ma quella lingua, come quelle creazioni, sono uscite dal vivo dell’anima sua, sono sangue del suo sangue, nervi de’ suoi nervi, spirito del suo spirito. La composizione, le derivazioni, le formazioni di nuovi vocaboli, i trasferimenti di significati da cosa a cosa, con tutto lo sterminato linguaggio figurato, che nelle lingue moderne dalle forme ormai rigide e fisse, è ancora e sempre in continuo divenire, è tutta opera sua, sapiente, cosciente, geniale, regolata da norme fisse, che son le norme di tutte le lingue moderne dello stipite ariano. Il greco è una fonte inesauribile di coniazioni di vocaboli: di rado si giova del latino, spesso, troppo spesso, in verità, dell’italiano, con amore dello stesso albanese, da cui trae composti veramente nuovi. Il linguaggio poetico è, prevalentemente, tutto di formazione albanese. Questa creazione, che nascea nel suo cervello simultaneamente al pensiero nuovo e profondo, sottomessa costantemente alle leggi, che governavano la formazione delle parole Marchiano. L'Albania e l'opera di G. De Rada 12