IL PORTO DELLA ZERNAQORA acuto chiuso, coi suoi battenti di bronzo. Da un lato un gran ciuffo d’edera : gira sulla facciata e par che venga da una terrazza che si apra sul fianco. Viene dal nulla che vi è dietro. È cresciuta l’edera, a boscaglia, sulle rovine di tutto l’interno della casa. La facciata sola è in piedi come a Messina. Subito, mettendosi per quella che fu una strada, e forse la strada principale, una chiesa : ci dice a chi era dedicata un bassorilievo che si intravede ancor sul portale: un San Giorgio che uccide il drago. Ha la movenza di quello del Carpaccio agli Schia-voni. Pel rosone traforato su in alto passa una viva luce: par che la La città morta. chiesa di dentro sia illuminata. È il sole che vi passa: la chiesa di dentro non esiste più. Si cammina sulla polvere di quel che fu il suo tetto, e che, divenuta terra, ha dato una fioritura di anemoni : i soli che si trovino in tutta la città : par che ce li abbian piantati. Le pareti interne però, memori degli antichi damaschi, son coperte ancora : d’edera. Si va avanti per la stradicciuola : una casa patrizia: uno stemma: dei Duodo. 1 Duodo infatti furon d’Antivari. La casetta, di fuori, è quale li vide nascere, quale li ospitò. Pietre sagomate e calettate sì bene che la parietaria e il serpillo quasi non trovan posto per metter le radici tra gl’interstizi)': finestrette trifore, balconcini di marmo. Anche qui un * '■''Ante — 49 —