IL PORTO DELLA ZERNAGORA luminoso. Qui si sente di entrare in un altro mondo, più freddo, più nudo, più cupo: il vero mondo balcanico. E si discende con qualche tristezza fino al piano, per campagne desolate o coltivate in modo rudimentale, che dimostra quanto poco i montenegrini sappiano e si curino di agricoltura, si discende fino a Vir dove, dopo la gradita sorpresa di una buonissima trattoria italiana - l’ultima che troveremo d’ora in poi - si giunge alla sponda del lago. Il lago di Scutari. La prima impressione che se ne ha dal ponticello del villaggio semilacustre di Vir è assai pittoresca, ma non ci dà affatto l’idea della vera grandezza e della maestà del lago. Esso ci appare solo in parte, velato nella lontananza dalla nebbia, e nascosto, da presso, dietro le chiome delle alberelle che escon dall’acqua a mezzo tronco come in una campagna inondata. Ma appena montati sul vaporetto che ci deve condurre a Scutari, e che sta ormeggiato accanto agli altri due che si dirigeranno a Rjeca e a Planila (donde si parton le vie verso Cettigne e Podgori^a), e via via che il vaporetto avanza cautamente tra due filari di alberi, come una automobile in mezzo a un viale, il lago, l’antico Labeatis dei Romani, si svela in tutta la sua vastità e in tutta la sua meravigliosa bellezza. Esso è lungo circa 60 chilometri e largo 15: dice la leggenda che fosse prima una ubertosa valle profonda, nella quale un giorno si rovesciarono tutti i torrenti della montagna che volevano annegare la regione intera, ma, mentre le acque minacciose continuavano ad alzarsi, si aprì nel lago una voragine che ne inghiotte tante quante ogni dì ne precipitan dai monti. Veramente 1 ' inghiottitore, l’emissario del lago è la Bojana, che si apre la via al mare a sud-est del lago, ma è certo che rilievi moderni hanno assodato la esistenza, in fondo al lago, di vora- - 53 —