IL PORTO DELLA ZERNAGORA fregio policromo in cima: sembra una copia della Cà d’Oro, e basterebbe a far la bellezza di una città. Le finestre son quasi tutte murate per di dentro, ma il muro è così cupo che pare un’imposta chiusa. Vi si cerca sui davanzali il vaso di basilico o di geranii, e qualche po’ di rosso tra un ciuffo di verde, che s’incastra in un angolo, ne dà l’illusione. È un papavero: il vento lo ha seminato la sù. La casa ha il tetto : sul tetto, edera. Ed edera sulla casa che fu del bargello, edera su tutto e per tutta la via coperta che fu il fondaco, edera dai muri sventrati, edera dalle porte chiuse alla vita, edera dalle finestre aperte al vento ed ai secoli. Pare una città non distrutta da mani e da rabbia d’uomini, ma soffocata, addormentata per sempre in una stretta troppo tenace dell’edera. E pare, sopra tutto, non una città nata come tutte l’altre del mondo, per annessioni, sovrapposizioni, superfetazioni, quali la vita porta e produce in ogni luogo abitato; per lunga teoria di anni, per succedersi di necessità private e pubbliche e per variar di gusto, ma una città disegnata tutta in una volta - come un’opera d’arte - da un architetto fantastico e severo a un tempo, e costruita da una sola maestranza operante sotto la sua guida. Tutte le case, tutto quel po’ che avanza delle case ha lo stesso segno : il segno profondo ed eguale di un artefice di volontà deliberata e tenace, al lavoro del quale un improvviso cataclisma abbia posto fine, anzi che la materializzazione della sua idea fosse compiuta. 11 manto di edera in certi punti pare una ciclopica tela stesa da uno scultore sulla creta ancor fresca e dimenticata. Dalla parte onde la rocca precipita a picco per un balzo di più centinaia di metri, dove erano i depositi e ci sono cisterne ancor vuote e sonanti sotto il piede, tutto è spianato come a farne un’enorme terrazza, dalla quale si vedono in basso gli uliveti degradanti pei declivii, e qua e là, tra gli ulivi, le case e le ville turche in mezzo ai giardini : qualche minareto, qualche cupola. Veduto così dall’alto, un po’ velato dalla nebbia, sembra un paesaggio di Filippino Lippi, un di quei paesi - 50 —