ALBANIA MUSULMANA camente ottima, per le sue incassature tra le colline rocciose e per il lungo sviluppo in linea quasi retta della sua prima parte e dell’ultima. Fu appunto da quelle colline dominanti i rettifili che gl' insorti posero l'assedio a Durazzo e tra quelle chiuse che aspettavano al varco i difensori del Principe. Poco prima di arrivare a Sjak si traversa il fiume Arzen, nome datogli dai veneziani per i suoi argini tagliati quasi a picco, e lo si traversa sopra un ponte di legno tanto pittoresco, quanto traballante. Ricordo che la prima volta che mi vi recai, avanti che il nuovo Governo albanese vi facesse rinnovare cinque o sei travi, lo skipetaro che mi accompagnava scese da cavallo e mi consigliò di fare altrettanto. — È meglio mandar prima gli animali — mi disse: — se regge loro, regge anche noi. — 1 cavalli, obbedientissimi, passarono e passammo, dondolando, anche noi. Più che un paese, Sjak è un modestissimo villaggio di poche case disposte sui due lati della strada. Poche case del solito tipo albanese, mezzo di mura e mezzo di legname: con ampie tettoie di legno quelle che prospettan la strada dalla parte ove batte il sole, e, sotto le tettoie, qualche botteguccia di commestibili e di stracci. Due sole costruzioni, vere e proprie, una più grande e una più piccola, questa sulla strada, quella in mezzo a un ampio piazzale un po’elevato: due caserme. Testimoniano della importanza del villaggio come punto strategico, e, anche del poco entusiasmo degli abitanti per il Governo turco. Ci voleva proprio il principe Wied per far sì che in mezzo al piazzale garrisse al vento la bandiera rossa con la mezzaluna! E fu in quel piazzale e in quelle caserme, durante tutto il regno wieddiano, il quartier generale della insurrezione, al quale dieci volte la Commissione di controllo si recò ad indulgere per la sorte di Guglielmo, per levarsi il cappello dinanzi la bandiera turca e sentirsi dieci volte - con qual aumento di prestigio per tutta l’Europa, si può immaginare - ripeter la stessa risposta: “No, no, e poi no”. V’era allora, generale in capo degli insorti, Mustafà Androki, giovane asciutto e fer- - 118 —