UNA CAPITALE PER SEI MESI razzo era ancora la piccola città levantina, la piccola città adriatica dove lo stesso sole illumina lo stelo di un minareto e la massiccia sagoma di un campanile, dove per le anguste stradicciuole le casette sporgono in fuori il lor primo ed unico piano, e il caffettiere batte le sue mollette in ritmo portando, sopra il caratteristico vassoio di latta, le tazzine fumanti a chi sta radendosi la barba. Le alte muraglie e i torrazzi che la cingono ancor da due lati davano l’illusione di penetrare in un castello degli antichi tempi, e guardando la casa di Essad, bianca tra i mattoni veneziani e il verde tenero della collina, si aveva l’impressione di trovarsi con lui e con tutti gli abitanti, in una strana e bella villeggiatura di nuovissima moda. E simile alla mia deve essere stata l’impressione prima che ne ebber Guglielmo principe di Wied e la principessa Sofia. Una sera infatti, due o tre giorni dopo il loro arrivo, a bordo del nostro stazionario Iride ancorato in mezzo alla baia, giunse per mezzo alla oscurità un soave suono di mandolini e di chitarre. Ci gettammo alla murata e potemmo chiaramente scorgere il bianco motoscafo principesco pieno di uniformi luccicanti e di bianchi veli : in quel momento dall’ imbarcazione melodica, si levò la voce grassa e gutturale di Von Trhota, gran ciambellano di corte che,- in napoletano tedesco, dichiarava alle stelle : Ó sole mio sta 'n fronte a ite.... Feci in tempo a -tornare in terra prima della “ lieta masnada ”, e a godermi la rentrée: Principe, Principessa, dame, cani, seguiti da due fantastiche albanesi guardie del corpo, recanti sotto il braccio mandolini e chitarre. Moschea. - 100 —