VALONA svela le prime abitazioni se non dopo un’ora di navigazione da Sasseno; prime abitazioni, o meglio prime costruzioni che si scorgono sulla marina: un albergo austriaco e la bicocca dove ha sede la Dogana. Arrivandovi la prima volta, specialmente se già pratici dell’Albania, dove spessissimo un nome risonante nasconde la miseria di due o tre casupole si ha l'impressione di aver fatto un altro viaggio inutile: dal mare, della città, non si vede che il minareto di una moschea eccentrica : dalla spiaggia, nulla. Valona, la città, dista dalla marina una buona mezz’ora di cavallo, parte in mèzzo a un secolare uliveto, parte sul margine dello stagno, e posta com’è nella bassura, non appare che quando ci si è dentro. Una cittadina turca, del tipo di tutte le altre cittadine albanesi: alti muri grezzi e malsagomati che cingono il segreto di giardini, d’onde spunta qualche ramo di fico e dove - più segreta ancora - sta nascosta e appiattata la casa musulmana; stradelle contorte e molte volte senza sfogo tra l’uno e l’altro muro, impraticabili a piedi non albanesi per il fitto eczema dei loro ciottoli puntuti, o per la corsa dell'acqua a cui son letto quando piove; due o tre piazzette presso le moschee, e il solito bazar che, di veramente orientale, non mette in mostra alla luce del sole che il suo sudiciume graveolente di grasso di montone, e l’ozio dei suoi cittadini che trascorre lento tra una tazza di caffè e una sigaretta. Qualcuno, più attivo, occupa le mani girando e contando tra le dita le novantanove pallottoline del rosario musulmano, anche senza pensare agli altrettanti attributi di Allah. Due moschee, rozzamente dipinte esternamente su quella parte di intonaco che ancora non si è sfaldata, e due minareti, uno dei quali, Mercato di Valona. - 137 -