32
l’albania
Augusto i suoi giochi magnifici quanto quelli d'Olimpia o di Corinto nell’Eliade, manca pure un’effigie. Dalla fede in Gesù e nella sua croce che Paolo venne qui a predicare durante tutt’un inverno, per due terzi il popolo è passato alla fede in Maometto e nella mezzaluna.
  Tre archi d’un acquedotto cui si appoggia un fico selvatico e sotto il quale in una pozzanghera coperta di lentiggini gracidano a centinaia le rane, sono chiamati nella confusione della leggenda il Bagno di Cleopatra. Le rovine dello Stadio e del Palazzo sono irriconoscibili. Solo il Teatro sulla collina mantiene la sua forma greca.
  Pare che quassù Ottaviano, non ancóra Augusto, avesse prima della battaglia alzato la sua tenda. Certo egli vide da quassù rifulgere ambizioni quasi divine, ma non un cielo più puro e un mare più azzurro. Oltre l’istmo verde a oriente e a occidente, corre sfavillando all'infinito quel che Esiodo chiamò l’innumerevole sorriso delle onde. A sinistra i monti d’Etolia e di Acarnania. a destra il picco di Leuca e il mar Jonio fino a Paxos. Questo era il fondo della scena, magnifico