io6 l’ai.bania delle casupole del bazar si accavallano come squame fino allo svolto del colle che nasconde la città. A mezzodì invece tutta la pianura ampia del Drino s’adagia nel sole, fino al dirupato Haimeli e ai gioghi della Mirdizia, chiazzata di verde dai granturchi e dai prati, di giallo dal limo con cui il Drino, la Drinassa e la Bojana, abbandonati senza freno d’argini e di canali, seppelliscono ad ogni inverno e isteriliscono campi di migliaia d’ettari. Meno di cinquant anni fa la Bojana raggiunse la Drinassa e per quella via versò metà delle sue acque nel Drino, lasciando a secco isolotti di melma e acquitrini. Venti o trenta barche lunghe nere, a foggia di gondola, dalla quale traggono anche il nome di landre, s’ammassano giù presso il ponte di legno, davanti alla Dogana. Un ricordo fastoso m’occupa fra la miseria di queste mura dirute sotto l’edera, di questi soldati scalzi laceri tignosi, di questi cannoni rugginosi, di questi mortai sventrati, dei campi laggiù abbandonati al fango sotto il volo delle cornacchie. Non esiste su in cima all’Adriatico dove questa glauca Bojana precipita. nel cuore di Ve-