QUEL CHE VOGLIONO GLI ALBANESI 143 alla cintola, si contenta della sua libertà personale e della libertà dei suoi amori e dei suoi odii privati, si contenta anche di quel che vende e che può comprare al bazar di Scutari o di Prisrendi, di Diacova o di Ipek, dopo dieci o venti ore di cammino, e non chiede altro e altro non sa. Con costoro, ogni nazione che volesse anche per disinteresse mettere ordine in Albania dovrebbe aver che fare, — non coi civilissimi membri del Comitato o della Lega albanese. E potrà umanamente lasciarli senza tasse, senza leva, alla loro legge selvaggia e alle loro vendette ? Oggi come oggi, la maggioranza degli albanesi, da Prevesa a Ipek, preferisce il governo del Sultano, anche se ne odia l’amministrazione. E ha ragione. Il governo dispotico ha questo solo di buono che, mutato il despota, può d’un tratto diventar più umano d’una repubblica democratica. Mutato un vali e infrenate le sue malversazioni dal continuo controllo dei consoli esteri, tutt’una regione grande come l’Epiro potrebbe, se non risorgere, respirare. So che date le abitudini di Costantinopoli,