18 l’albania scalze legate sotto il ginocchio dal laccio bruno dello scalzodeta, e alla cintura il grande scigliachi di cuoio col coltello e con la pistola. Qualche donnetta turca con l’ombrellino nero, col volto coperto dal /erige nero bucherellato per veder la via, e sulle spalle e sulla testa il gran ciardaf nero sotto al quale si intravvedono le sete rosse verdi gialle delle vesti gonfie, cammina a piccoli passi cercando di salvare dal fango, dalla polvere e dai ciottoli le sue babbucce ricamate d’oro. Molti preti greci col berrettone nero a cono rovesciato detto callintìuhi e la larga sottana nera, pochi preti turchi — sceic dal turbante verde e bianco, babà dal feltro candido —, qualche cavàs eli consolato lucente d’armi, di ricami e di catenelle con lo stemma della nazione sul fez, molti soldati laceri rattoppati scalzi, senz’armi, con un’aria incerta tra il mendicante e il « sorvegliato speciale », — compiono la poca folla di queste poche vie centrali. Fuori di esse, par d’essere in un villaggio deserto tanto il regime turco e la fame dopo due anni senza raccolta d’olio e con pochissimo granoturco (tre quarti del granoturco