VALI.ONA E DI’RAZZO 97 * * * A San Giovanni di Medua, scalo di Scu-tari, sono sbarcato una sera mentre per l’opposto tramonto le rocce cineree della nuda ardua montagna a picco nel mare fiorivano tutte di rose. E, dopo cena, mentre la luce cadeva, siam partiti a cavallo, seguendo, da Alessio in su, il Drino ampio come il Po, muggente tra le ripe boscose, nero nella notte senza luna, con qualche tremolante riflesso di stelle — diamanti in una fluente chioma conina. Avanti il cavàs italiano, — poi io, — poi un fraticello francescano, frate Umile, che avevo incontrato a Santi Quaranta, sperduto e spaurito, privo anche del passaporto, venuto direttamente da Assisi, diretto al convento di Robico sopra Scutari. senza parlar altra lingua che il perugino, con cento lire per tutto il viaggio e la protezione di San Francesco, — |>oi un portatore col cavallo carico, — in fine il postiere austriaco e il