SCUTARI 115 alle quali grugniscono dieci porcellini color di rosa e di fango, — di mendicanti cieci, guerci, storpii, monchi, piagati, accoccolati lungo il fossato, perduti nelle nuvole di polvere lanciate dalle vetture, vecchiette tut-t’ossa ancora velate secondo la legge, mucchi di cenci donde esce uno stecco di cartapecora a chiedere il bacscich, ragazzi nelle tunichette bianche e turchine, veloci come scojattoli tra le bestie e i carriaggi, bambine ancora non velate, sporche, belline e precoci, pazzi innocui che vi si attaccano alle maniche e ridono con moine di scimmie. All’improvviso, presso il fiume, di là d’una piazza intorno al cui pozzo si affollano le prime baracche fatte di tavole, di latta, di frasche, di stuoje e sotto le quali si frigge il pesce e si bolle il caffè, l’ampio viale si strangola in una viuzza mal selciata, fra casupole d'un piano, buja come tutti i mercati orientali sotto le tende fatte di tutti gli stracci del mondo.