l’ammiraglio des geneys e I SUOI TEMPI 45 procurò seccature. Un reclamo della Repubblica di ile-nova gli procacciò rimproveri ed arresti e finalmente dovette anche giustificarsi contro l’imputazione di segrete e non abbastanza chiarite intelligenze in Corsica (1). Fatto sta elle, compiuto un anno di comando, venne rilevato sulla « Santa Barbara» da un ufficiale di bordo del dipartimento di Villafranca, il Cavaliere Filippo Mattone di Benevello, e destinato definitivamente a terra nel porto di Cagliari, non senza però ricevere il grado di maggiore, grado raramente concesso in quel tempo agli ufficiali provenienti dalla bassa forza e non di patrizio lignaggio. Non considerandosi tuttavia egli rimunerato abbastanza, tosto prese a sollecitare ulteriori distinzioni e, dopo molte e prolungate instanze, finì per ottenere, qualche anno più tardi, anche un diploma nobiliare e con esso la desideratissima soddisfazione di potere sovrapporre alla sua precedente qualità di cavaliere della Croce dei SS. Maurizio e Lazzaro, quella di vassallo o cavaliere di nobiltà. (« Cavaliere, Nobile, Don » secondo il classico stile sardo). Il cavaliere Mattone di Benevello, prendendo il comando della « Santa Barbara » vi trovò, come secondo, Vittorio Porcile, già incaricato di tali funzioni anche sotto gli ordini del De Nobili. Era il Porcile un giovine di ventisei anni, istruito più del comune, avendo fatto buoni studi nel seminario di Cagliari. Altro reverendo mancato, come già i fratelli di Giorgio Des Geneys. Invece di prendere la tonsura, egli era infatti entrato volontario nella Marina raggiungendovi presto il grado di luogotenente provvisorio. Se questo rapido avanzamento corrispondeva ai meriti di lui, non è però da escludere (1) I documenti dell’Archivio di Torino da noi visti (Corrispondenza coi Viceré di Sardegna) non dicono in che consistessero nè la imprudenza verso Genova, nè l’intelligenza con Corsica; è verosimile che nei primo caso si trattasse della violazione di qualche diritto o riguardo marittimo, e nel secondo di ingerenza nelle lotte partigiane che, anche dopo l’avvento del dominio francese, seguitavano a dilaniare la disgraziata patria di Pasquale Paoli.