l'ammiraglio des gexeys e I SUOI TEMPI 10» inutile ; sentimmo ben vivamente in quel momento tutto lo squallore della nostra situazione, trovandoci in tanto maggiore miseria in quanto che gli ultimi avvenimenti di Sardegna ci avevano obbligato a portare da terra a bordo ogni cosa nostra, ed ora tutto era per noi perduto. « Una volta sbarcati fummo condotti ad Antibo e rinchiusi. insieme al nostro Comandante, a tutto il nostro equipaggio ed a quello di un brigantino da guerra inglese catturato il giorno dopo di noi. in una casamatta dove per letto altro non trovammo che pochi avanzi di cattiva paglia. In questa situazione fummo tenuti circa venti giorni dopo i quali ci si fece passare al Forte Querre di Antibo. dove ci accasermarono in un’altra casamatta pagandoci i nostri stipendi secondo i nostri gradi nell’esercito. «Verso la metà di luglio ci fecero partire per l’interno, obbligandoci a fare la strada a piedi accompagnati da venti cacciatori a cavallo e chiudendoci ad ogni tappa nelle prigioni o nelle chiese. Ad Aix la nostra mala sorte raggiunse il colmo perchè fummo gettati nelle prigioni criminali dove si trovavano più di 400 scellerati di tutto le specie; ci venne offerta l’alternativa di dormire nella corte con i marinai prigionieri o di pagare 20 lire per ciascuno al mese se volevamo essere al coperto delle intemperie: questa proposta era tanto più atroce ed inumana in quanto che, dopo il nostro arrivo ad Aix, il nostro assegno giornaliero era stato ridotto a 10 soldi ed una libbra di pane al giorno: fummo, ciò nonostante, costretti a sottoscrivere. Vivemmo, o per meglio dire vegetammo, più di due mesi in quella spaventosa prigione nella quale diversi fra noi furono sul punto di soccombere per effetto di malattia di infezione. «Siccome parecchi ufficiali del nostro esercito vivevano allora nell’interno della città di Aix come luogo di prigionia, noi più volte esprimemmo lagnanze per la differenza di trattamento fra loro e noi, ma il Commissario addetto alla nostra custodia, e che era uno dei giacobini più barbari, ci dichiarava sempre di avere ordini precisi