l’ammiraglio des geneys e i suoi tempi 97 glio (1). Alle due mi trovai a portata di cannone di una effetto sulla ignoranza presuntuosa ». Altrettanto ovvia quanto quella del pastore sardo, nè meno concludente, fu ancora un’altra riflessione manifestata dal Cav. I)es Geneys, e nella quale nessuno meglio di Capt. Ross poteva essere in grado di apprezzare il valore, e cioè che, contrariamente ai regolamenti e agii usi della Marina ing'lese ed invece coniformemente a quelli defila Marina francese, suJl’aliberatura della nave ammiraglia sventolavano insieme il distintivo di comando e la fiamma. Ma nemmeno questa riflessione ebbe effetto. Seguitando, comunque, il Cav. Des Geneys nelle sue insistenze, il vecchio, e, bisogna dirlo, fino allora molto paziente, Capt. Ross, non resse più oltre e si inquietò. « Sia come si sia, io voglio farmi prendere », egli esclamò, confermando nello stesso tempo all’ufficiale di guardia l’ordine di dirigere sul vascello ammiraglib e al Das Geneys quello di tener ipronti i cannoni per fare il saluto. Ciò era detto — raccontano le Note — ad alta voce ed in presenza di tutti gli ufficiali, i quali, sebbene tuttora proclivi quasi tutti a credere si trattasse di squadra inglese, non dissimulavano l’apprensione ehe, data la perdurante incertezza, il loro Comandante stesse commettendo una grave imprudenza. Il Cav. Des Geneys fa loro colpa, nelle Note, di non essersi apertamente associati a lui. « I doveri della disciplina — egli scrive — finiscono, secondo me, là dove il servizio del Re è in pericolo imminente: tacere in simili circostanze è delitto ». (1) Dopoché ebbe dato definitivamente i suoi ordini Capt. Rosa — dicono le Note — scese per qualche momento nella camera di poppa ed ivi, fatto chiamare il Cav. Des Geneys, gli pose sott’occhi le istruzioni ricevute dal-l’Ammiraglio Hood ed in particolare l’ingiunzione di eseguire la missione affidatagli al più presto possibile. Tale esibizione aveva tutta l’apparenza di una giustificazione ed il Cav. Des Geneys credette perciò di poterne approfittare per ripetere ancora una volta al suo Capo le considerazioni sottopostegli fino ad allora, aggiungendo francamente che, a suo avviso, l’Ammiraglio Hood non aveva certamente, con quelle istruzioni, inteso dispensarlo dalle nonne generali, che, per la navigazione e per la guerra, la prudenza e il dovere impongono a qualsiasi comandante di nave. Questi ragionamenti a tu per tu parvero alla fine scuotere alquanto il vecchio marinaro, ma, quando egli fu tornato sul ponte di comando e si ritrovò a fianco il suo pilota Scoffiero — i piloti, nelle antiche Marine a vela erano, come è noto, per la loro stessa specialità, e spesso anche al di là del bisogno e della convenienza, poco meno che i tutori di ufficio dei comandanti — si confermò più che mai nella sua ostinazione. Nessuno degli ufficiali di. bordo continuava infatti a mostrarsi più dello Scoffiero sicuro che le nari in vista fossero inglesi. Invano il Cav. Des Geneys, che, risalito anch’egli sul ponte, non cessava di esaminare col cannocchiale quelle navi, annunciò di vedere distintamente il trofeo della Repubblica francese con i tre colori dipinti sulla poppa delia fregata che si trovava più innanzi sulla linea del vento della squadra, ed invitò lo Scoffiero a verificare a propria volta la cosa. Lo Scoffiero acconsentì, ma, dopo che ebbe guardato, dichiarò di nulla aver visto, ed anzi aggiunse che, a suo giudizio, la supposta scoperta del Cav. Des Geneys dipendeva dalla disposizione di spirito in cui egli si trovava. Questa risposta tolse — dicono le Note — al Cav. Des Geneys ogni dubbio