352 EMILIO FRASCA di nuove coalizzate ininaccie nemiche, quella del fulmineo accorrere del sommo Capitano e sbaragliare sotto i bastioni di l’ima e nei campi di Austerlitz l’audacia dei suoi avversari, e quella ancora di tanti altri straordinari avvenimenti di un’epoca destinata a rimanere incomparabilmente famosa. E’ facile immaginare con quanta ansia il succedersi di quelle vicende fosse seguito dai Reali sabaudi e dai loro compagni di esilio. Più di tutti, naturalmente, viveva in agitazione il bellicoso Re Vittorio, il (piale, presa dimora prima a Roma, e poi a Gaeta, dove era stato costretto a cercare ricovero per sottrarsi alle molestie degli agenti della Francia in Roma, impazientemente anelava a partecipare magari, come egli diceva, con la sua semplice spada, alle nuove ostilità. Corse voce in quei giorni a Napoli che gli Alleati avessero deciso di affidargli il comando di un Corpo d’esercito russo di prossimo sbarco nell’Italia meridionale. Maggiore consistenza ebbe altra voce, secondo la quale egli .sarebbe stato assunto a capitanare una Legione italiana formata da italiani di tutte le regioni della Penisola, riuniti sotto la bandiera sabauda: bella anticipazione di ancora lontani e più fortunati tempi. Non alieni dal favorire tale progetto si dimostravano i ministri di Russia e di Inghilterra. ma. (piando si trattò di venire al sodo, e cioè di provvedere i mezzi necessari, la pratica rimase incagliata. Il buon Re Vittorio se ne era, dal canto proprio, tanto infatuato che il 1" dicembre 1805 scriveva al fratello ( 'ario Felice che gli mandasse dalla Sardegna l’Am-miraglio Des Genevs sul cui senno e sul cui valore faceva grande assegnamento. Nella lettera contenente questo ordine egli accenna alla circostanza che, trovandosi in quel momento la Marina disarmata, il Des Geneys non era necessario nell’isola (1). L’economia fino all’osso portava infatti colà, anche quell’anno, il consueto suo frutto invernale. In ogni (1) V. Perbero: 1 Reali >li Savoia neU'esilio - Cap. XXXVII, pag. 279.