32 detto, difendevano la prima cinta, non è a dirsi con che ardore provvedessero ai loro bastioni, sapendo che contro quelli sarebbe vólto l’attacco nemico. Occorrendo prontamente di traverse i loro bastioni, per proteggerli dall’infilata, eglino stessi fecero da zappatori e ingegneri, per molti giorni trattando il badile e la car-ruola; uffici ben lontani dalle loro abitudini, prolungando il lavoro anche nella notte. Il 43 di aprile Manin scriveva loro: « Dal Governo provvisorio — Al cor-» po d’artiglieria Bandiera e Moro. E da molto tempo » ch’io sono debitore d’una pubblica parola di gratitu-» dine a questo valoroso corpo : il silenzio me ne accreb-» be però il sentimento, e come capo del Governo sono « lieto di significarvelo in nome mio e del paese. Nel-» l’atto stesso devo avvertirvi, che il giorno del combat-» timento non pare lontano; e ve lo annunzio, essen-» do certo di farvi piacere. Il patriottismo che infiamma ?» i vostri petti promette a Venezia una nuova mèsse di « gloria; e l’entusiasmo vostro, accrescendo quello dei » militi delle altre armi, promoverá una generosa gara « di valore, e renderà vani gli assalti aperti, e le insi-» die nascoste dei nostri nemici. Manteniamo inviolate » le nostre lagune, difendiamo la bandiera della nazio-» ne, e vendichiamo, a Venezia, l’onore italiano mise-« ramente perduto a Novara. — Manin — ». Sotto il generale Paolucci s’incominciò un lavoro idraulico per impedire i lavori di trincea, che tra poco vedremo; ma il nemico cercò molestarlo con razzi, uno de’ quali, entrato nel forte, uccise un soldato sotto l’ar-ini; per la qual cosa si tenne fuori una catena di ber-