65 alcuni bastimenti da guerra. Alquanti degli artiglieri Bandiera e Moro principalmente, spediti a quelle batterie, le trovarono e mal provvedute e con iscarse munizioni, e francamente rappresentarono al Governo l’urgenza di nuovi provvedimenti. Se il nemico fosse stato atto a que’ che si dicono colpi di mano (qualità agli Austriaci sconosciuta), il 27 di maggio l’indipendenza di Venezia era posta in forse. Egli è in queste circostanze che si deve giudicare di un popolo, e conchiudere se uno od altro governo gli possa essere imposto. Un popolo nell’amministrazione dello Stato ha bisogno di un governo, ma in certi supremi momenti egli è d’uopo d’un atto espresso della sua volontà. Così fu de’Veneziani, i quali si riscossero dall’abbattimento prodotto dai fatti di Marghera, prima ancora del proprio Governo. La questione se il Ponte si dovesse distruggere fu fortemente discussa nel Consiglio di difesa, ancora prima dell’evacuazione del forte; ma l’ingegnere Milani, che ne fu l’architetto, uno del Consiglio stesso, aveva vinto che rimanesse. Era stato per altro minato, e la mattina del 27 ne furono fatti saltare in aria alcuni archi. Ma la distruzione riusciva imperfetta: rimanevano i piloni, e le macerie, ricadendo, imbonivano lo spazio tra gli archi rotti. Inoltre il piazzale maggiore, il quale portava una batteria, doveva per sua difesa avere innanzi a sè per una considerevole distanza uno spazio sgombro e coperto d’acqua. L’operazione quindi di abbattere una grande quantità di manufatto, di portarne via le macerie, richiedeva assai gente, assai tempo, ed 5