m in lunga catena, come si usa in simili casi di fare, si trasmettono d’uno in altro i proiettili. Ma sventuratamente anco quivi percuote una bomba; la catena n’è rotta, e quattro o cinque di que’ miseri rimangono ivi duramente schiacciati. Già quel giorno 26 di maggio volgeva alla sua fine; c il colonnello Ulloa mandò per ogni bastione, però clic tutti i comandanti dovevano radunarsi a consiglio. Convenuti nel luogo, l’Ulloa venne loro partecipando il decreto governativo della evacuazione dalla fortezza, e però diede a ciascuno gli ordini per la fatale ritirata. E ornai che si dovesse abbandonar Marghera, andava di bocca in bocca; ma a principio nessuno credette. Gl’Imperiali non giunti alla terza parallela, non avreb-bono aperte le breccie. Del resto tutti sarebbono venuti alla baionetta. Resisterebbono come in campo trincerato. Cedere non mai. Scannarsi a vicenda, e morir quivi e morir tutti. Il più de’ cannoni smontati. Il forte Manin, orribile a vedersi; e tale il forte Rizzardi; cosi la batteria de’ Cinqu’archi; e parimente quella a cavaliere. Nè codesto valeva a farli mutar di proposito. E fu chi gridò tradimento, e fu chi credette o ne sospettò. Gli artiglieri tutti, sopra degli altri, diedero in furie; minacciavano morte a chi pronunciasse la nefanda parola. Il comandante del forte Manin, il già nominato Andreasi, era fermo d’appiccar fuoco alla polveriera e seppellirsi nelle ruine; e fatto l’avrebbe in sul punto, chè a tanto atto l’animo gli bastava; ma dissuaso per forza, noi fece.